Sanzone e Howe, il dialogo geometrico

 

 

di Tiziana Tricarico

 

 

Geometrie morbide e sorprendentemente sensuali. Rivestite ora di colori caldi e rassicuranti che rimandano alla pittura classica, ora di cromatismi acidi di ispirazione pop. Che accarezzano lo sguardo e sollecitano la mente. E’ un dialogo ardito ma molto interessante quello tra Amedeo Sanzone e Brad Howe, incentrato sul senso della costruzione della forma nello spazio. Il supporto – Lexan (un metacrilato) per il primo, acciaio per il secondo – ma anche il muro ed il luogo diventano il campo pittorico su cui esprimere i propri valori di significato e di senso. «Disturbances/Scompigli» è il progetto espositivo, ideato e curato da Cynthia Penna di Art1307, che si inaugura VENERDI’ alle 18 a Villa di Donato (piazza S.Eframo Vecchio). La doppia personale propone fino al 15 aprile un corpus di opere recenti di due artisti, dalle personalità forti e definite, che nel confronto superano le differenze culturali, geografiche, espressive. Un dialogo che vive di contrasti: superfici riflettenti o assorbenti, colori caldi o tinte fredde. Nessuna comunione di stili ma identico modo di approcciarsi alla materia sfruttandone tutte le potenzialità, per plasmarla ma anche per lasciarsi coinvolgere nella scoperta di nuovi significati.
Napoletano di origine e substrato culturale, Sanzone è figlio della tradizione pittorica partenopea e da questa inizia un percorso personale che lo conduce, attraverso una continua sottrazione, verso un minimalismo assoluto (per questo, insieme all’utilizzo della luce ed alla scelta della materia, è considerato il più «californiano» degli artisti italiani). Un levare via, togliendo il superfluo, per arrivare all’essenza delle cose in una ricerca che è anche e soprattutto spirituale. Fino a cogliere la purezza di una superfice che viene dipinta a spruzzo «dal di dietro», con colori compositi ma di respiro classico. Quasi uno schermo che riflette lo spettatore e lo spazio circostante, trascinandoli all’interno dell’opera. Dove la luce è protagonista assoluta grazie a un gioco di riflessi che si rincorrono dall’interno all’esterno e viceversa. La novità di queste opere recenti è il passaggio dalla superficie piatta a quella bombata – con la tecnica della curvatura a freddo, plasmando il materiale e portandolo ai limiti delle sue capacità fisiche – che riflette la trasformazione del quadro in scultura. Dallo specchio perfetto della struttura bidimensionale alla deformazione dell’immagine di quella tridimensionale. E la distorsione del proprio riflesso invita a un’indagine sull’io, fatta di percezioni, sentimenti, emozioni. «Lo sguardo deve perdersi nel tentativo di scoprire qualcosa al di fuori da sé – spiega Sanzone – che altro non è se non il riflesso di ciò che è dentro chi guarda». Così la curva basta a sé stessa e scompare quel contrappunto visivo che caratterizzava le opere precedenti.
Californiano di Los Angeles, Howe si esprime invece attraverso sculture in acciaio dipinto che interagiscono con la realtà circostante: lavori tridimensionali, posizionabili liberamente e suscettibili di essere osservati da molteplici angolazioni, che dialogano con lo spazio in termini di proporzioni, masse, ombre, proiezioni, colori. Finanche movimento. Le caratterizza un plasticismo contemporaneo, spigoloso o morbido a seconda del caso, che prende spunti e si riallaccia alla tradizione americana del ‘900 da Alexander Calder alla Pop art. «L’interazione tra lo spettatore e l’opera può essere vissuta come un evento – dice Howe – un atto di trasformazione della realtà il cui ultimo fine non è ricondotto a principi scontati e chiari o al campo della razionalità». Lavori che rimandano ai giochi infantili fatti piegando più e più volte della carta: contorni di materia artistica simili a «ghirlande» pronte ad aprirsi. Come quei fogli accartocciati che con l’animazione filmica prendono vita e all’improvviso iniziano a muoversi, ad attivarsi, quasi fossero degli embrioni contenenti la vita.