MANA: THE SPIRIT OF NATURE
di Cynthia Penna
Inverno 2013: Los Angeles, anzi Lancaster: MOAH Museum durante una visita privata accompagnata dall’amica e collega Andi Campognone che entusiasticamente mi mette al corrente del progetto che di lì a poco avrebbe realizzato con 10 artisti californiani.
Sembra l’incipit di una sceneggiatura di un film e invece è l’incipit di un progetto che vede, questa volta proprio un film, diventare il protagonista di una mostra e il mezzo per virtualmente unire due mari e due Nature così diverse tra loro attraverso l’arte, l’atto artistico del fare e il prodotto dell’ingegno, dell’intelligenza e del sentire umano.
Mar Mediterraneo che “ospita” l’Oceano Pacifico e si fonde con esso su un piano culturale, concettuale e artistico.
Un progetto che vede anche le due istituzioni, Museo MOAH di Lancaster e ART1307 di Napoli, unire le loro energie per spiegare come, nonostante distanze geografiche e culturali, lo spirito che sottende la Natura, il mare, e l’energia che esso sprigiona possano al fine convergere in un prodotto artistico.
Il senso di questa “avventura” visuale e percettiva può riassumersi piuttosto nella ricerca di una filosofia di comunione con la Natura che sottende il vivere ed agire da artisti e da surfisti.
Una comunione di intenti e comportamenti, una comunione di spiriti: una spiritualità che è alla base del fare arte come del fare surf.
Si tratta piuttosto di un “sistema” di vita, un “sistema” di approcciarsi alla vita che il mare contribuisce ad insegnare, che è quello del “rispetto” assoluto per ciò che ci circonda.
……perché il mare pretende rispetto, incute timore, ma da’ e rinnova la vita costantemente.
Il concetto di base che ispira questa esposizione è dato dal rapporto tra Natura e Arte: non è questo film un documentario sull’arte, né un documentario sul surf o sulle Hawaii: il film propone una spiritualità serena e meditativa in parte legata ai principi dell’antica filosofia panteistica Hawaiana impregnata di un sereno rapporto con la Natura che si trasfonde in una specificità relazionale tra esseri. La filosofia Zen, i principi del fare arte come espressione di spiritualità, rispetto e umiltà nell’approcciarsi alla Natura e all’Uomo, formano una narrativa comune che sottende il tutto.
Ogni artista, libero nell’espressività individuale, diventa parte di un comune scenario naturale e mistico, laddove la mistica è scevra da ogni connotazione religiosa, ma piuttosto assume una religiosità più vicina ai principi della “New Age” anni ’60 di fusione con la Natura che riporta quest’arte, pur anche nella sua totale e profonda modernità, ad un’arte “primitiva” e non contaminata, nel senso di una soluzione spirituale del fare arte. Una mistica profondamente “occidentale”e moderna in cui l’atteggiamento spirituale rispetto alla produzione dell’oggetto deriva piuttosto dall’abbandono di costanti superfetazioni intellettuali ed è teso ad ottenere un approccio quasi infantile e naif rispetto all’atto artistico. La sperimentazione tecnica dei singoli percorsi d’arte non distoglie dal senso comune di appartenenza ad un tutto molto più vasto che raccoglie ed unifica.
La nuova mistica panteista di appartenenza ad un tutto come valore assoluto è il vero comun denominatore che unisce tutti gli artisti presenti.
Un animo liberato da compromissioni intellettualistiche e un istinto che “aggredisce” o meglio “manipola” la materia, questo l’atteggiamento ispiratore, al solo scopo di estrinsecare una realtà di fusione tra spirito e materia stessa. “Faccio arte come la natura produce “cose”.
Un insegnamento di vita per le future generazioni nel rapporto tra Arte/Natura e Uomo. Una “filosofia” incentrata sul “sentire” la Natura, ascoltarla, affrontarla e adeguarvisi; allo stesso modo il “sentire” l’Arte con rispetto, ricerca, emozione, abbandono.