Gli Artisti Americani

 

 

di Lydia Takeshita

 

 

Richard Aber
 
Avendo lavorato nel campo delle arti visive per circa mezzo secolo, Aber è maggiormente conosciuto per le sue installazioni che manifestano nella realtà la sua personale esplorazione di vari pensieri filosofici.
Suo padre, di discendenza Tedesco-Scozzese, incontrò sua madre di origini Rumene, alla scuola d’arte negli anni ’30. I suoi genitori lo introdussero precocemente ai loro interessi nella pittura, architettura, teologia e alle tradizioni del misticismo orientale. Tale base culturale indirizzò i suoi interessi verso la scuola di pensiero filosofico sia Occidentale che Orientale, concernente la condizione umana in sé. L’Arte è ben più che un artificio per Aber; è la condizione per trovare se stessi e le proprie connessioni con l’umanità tutta e con l’universo. Avuta l’opportunità di vivere a Santa Barbara, California, le sue opere iniziarono a modificarsi da oggetti scultorei in opere pittoriche e progetti per spazi architettonici. La pittura per Aber fu la liberazione da un mondo fisico. La gravità era stata superata e egli poté esplorare il mondo interiore della mente.
Iniziò il suo lavoro usando una tradizionale struttura pittorica a “grate” o a griglia con un lucente colore dorato o uno stabile colore terra che richiede l’interazione del pubblico per realizzare la sua forma. L’interesse della vita di Aber per la verità e la realtà sarà realizzato quando l’interazione tra artista creatore e spettatore riuscirà a realizzarsi.
Ann Gooding
 
Laureata in educazione artistica presso l’Università dell’Illinois, ha ottenuto il diploma post-universitario di Belle Arti presso l’ Otis Art Institute di Los Angeles. I suoi recenti lavori combinano insieme le tecniche della pittura e della scultura.
Gooding stende sul supporto colori primari e li copre con toni di blu spenti, smorzati e densi; poi con l’aiuto di utensili da scultura, scolpisce con differenti pressioni nella base di colore preparata. Ella coordina la pressione della mano nell’atto dello scolpire, a seconda dei toni di colore che vuole far emergere. Ella svela strisce di colore giallo che emergono dalla cancellazione dei toni del rosso. E’ affascinata dalle vibrazioni visive dei colori e dall’effetto di una colorazione secondaria emergente:l’arancio. Il primario interesse di Gooding è il suo approccio formale all’arte e il mantenere colore, spazio, struttura e composizione come fenomeni significativi. Avendo iniziato con il combinare insieme pittura e
non pittura su pannelli di legno, Gooding si avventura nella combinazione di colori solidi con disegni scolpiti che emergono dal di sotto dei livelli di pittura. Gooding afferma: “tutti i miei lavori sono fatti a mano; non sono usati utensili meccanici. La pittura è applicata con pennello e spatola di metallo. Il mio lavoro attuale viene fuori dall’uso di varie tecniche di taglio oltre all’incisione delle linee”.
Mark Steven Greenfield
 
Mark Greenfield seguì suo padre, Tuskegee Airman Russel Greenfield , nelle basi military da Taiwan alla Germania. Con questa precoce esperienza di arte e storia in musei di vari paesi Asiatici ed Europei, orientò la sua mente verso una comunicazione del pensiero attraverso le arti visive. Dopo i suoi studi con Charles White e John Riddle all’Otis Art Institute, egli prese la Laurea in Educazione artistica presso la California University di Los Angeles. Con la sua base culturale e il suo talento, Greenfield costituisce una pietra miliare nella scena artistica di Los Angeles. Attualmente è direttore della Galleria Municipale di Arte di Los Angeles per l’assessorato alla Cultura del Comune di Los Angeles.
I suoi primi acquerelli sui derelitti di Los Angeles e la sua empatia e il suo sguardo compassionevole dell’umanità lega con i suoi lavori recenti dove le immagini pittoriche si formano nel suo subconscio. Greenfield afferma:”..è la mia tesi che noi prendiamo a prestito da questo stato subliminale (… per andare…) verso il livello cosciente e alternativamente navighiamo attraverso vari livelli di coscienza per giungere alla fonte del nostro spirito. La mia iniziale ricerca di questi fenomeni teoretici fu realizzata con lavori che affrontavano i risvolti psicologici associati con stereotipi Afro-Americani caratterizzati dai menestrelli dalle facce nere.
Il mio scopo si è allargato fino ad includere accadimenti quotidiani che lasciano impronte negative e positive sul sistema nervoso umano. Va detto che il processo dipende da una metodologia simile alla “scrittura automatica”. Il lavoro è basato sulla manifestazione spontanea del pensiero e sulla manipolazione tattile dei media sotto forma di mappatura mentale”.
Carlo Marcucci
 
Nelle sue nature morte e nelle sue serie più recenti come Wheatfields, Carlo Marcucci espone la propria riprovazione per gli effetti della distruzione provocata su di noi dall’industrializzazione. Egli dipinge una “critica” visiva della attuale domanda di prodotti senza imperfezioni, che sono prodotti a spese del gusto e della sicurezza per la salute. Nella sua pittura egli utilizza simboli industriali, emblemi che rappresentano un linguaggio sintetico, concetti e cose che diventano segni di ammonimento rendendoci consapevoli dei rischi ambientali. I suoi segni sono simili alle immagini dei pixel dei computer, e comunicano i processi tecnologici e l’età. Egli usa tecniche di stratificazione adoperate nei software dei computer: nel suo primo strato egli dipinge un rozzo colore della forma per creare l’ombra, lumeggiature e colori generici in una composizione di massima. Il secondo livello serve a rifinire i particolari dell’oggetto, cercando i veri colori della frutta. Il terzo livello è composto da inchiostri acrilici trasparenti spruzzati per aumentare la chromia dei colori e intensificare e approfondire i colori stessi. Il quarto livello consiste nell’aggiungere i tocchi che ammorbidiscono l’immagine spingendola verso il fondo e per aumentare il contrasto.
Nella sua serie Wheatfield , Marcucci segue una tecnica parallela alla scultura. Questa serie di opere presenta sculture murali fatte di pasta, specificamente di spaghetti italiani e noodles giapponesi.
“Queste composizioni minimaliste costituiscono rappresentazioni di campi di grano visti dall’alto quando la mietitura ha scavato nel terreno dorato. Inoltre, le forme geometriche di questi lavori sono interpretazioni degli scatoli per alimenti e del loro spropositato ruolo chiave nella moderna catena di distribuzione alimentare. In senso metaforico, lo scatolo contenente gli spaghetti viene reinventato come uno scatolo costruito conspaghetti. Il tema concettuale alla base di questi lavori è il nostro rapporto con gli alimenti manipolati nella vita contemporanea. La nozione di cibo è diventata anche più distante dalla sua originaria natura.
Io cerco di indurre gli spettatori a rimuovere idee preconcette relative ad un alimento noto e familiare permettendo loro di godere la composizione artistica attraverso la riscoperta degli ingredienti della scultura”.
Yoella Razili
 
Guardo con un occhio che sente. Sento con una mano che vede…..” Goethe
Nata da immigranti ebrei che sfuggirono all’Olocausto, Razili crebbe nel Kibbutz Kfar Blum nel centro della Valle di Hula circondata dalla frontiera Siriana ad est e da quella Libanese a Nord-Ovest. Vivendo immersa nella natura e supportata da un precoce contatto con le arti attraverso i libri della libreria di famiglia su Van Gogh, Miro e Rembrandt, l’occasione e la fortuna la condussero a studiare arte presso l’Istituto d’arte Oranim di Haifa, Israele e più tardi presso l’Otis Institute di Los Angeles, California. Da una mera introduzione all’arte attraverso i libri di famiglia, ella era ora in grado di vedere le opere originali e di incontrare artisti del calibro di Robert Rauchenberg e Richard Tuttle. Il venire a contatto con le opere originali chiarì a Razili il proprio approccio all’arte. L’Arte divenne una presenza fisica. Ella procedette da un approccio espressionista fino a quello minimale, ove si collocò a diretto contatto con materiali industriali da costruzione.
Razili afferma: ”Non è l’illusione che sto cercando, è presenza reale, realtà in se stessa. Accanto a materiali industriali raffinati, io contrappongo superfici quali alluminio e cera i quali o riflettono o assorbono la luce fino a quando si sviluppano equilibrio e pace. La forma riflette la conferma della mia stessa esistenza. Io faccio oggetti. Io li guardo. Io li tocco . Tutto attorno a me rivela la mia stessa fisicità.”