Metamorfosi delle geometrie

 

 

di Cynthia Penna

 

 

Perché la Geometria non è un valore assoluto e neanche un dato certo?

Perché parliamo di una pluralità di “geometrie” e non di “geometria” come scienza?

Perché nel mondo dell’arte non vi è MAI nulla di assoluto; tutto fluttua costantemente in una sorta di moto perpetuo che rispecchia il mutamento continuo della società, del mondo, dell’animo umano e della sua fantasia, anzi della sua capacità espressiva.

Allora lasciamo da parte la geometria come scienza, soggetta per lo più a regole matematiche (che pure sono state ampiamente sperimentate: vedansi la sequenza di Fibonacci e la sezione aurea che hanno condotto la mano di centinaia di artisti del passato e del presente), lasciamo da parte angoli, rette e cerchi e affidiamoci ad altri spazi ed altre capacità di espressione e di lettura : affidiamoci a sequenze di colori abbinate e gestite più dalla mente che dalla mano; leggiamo delle nuove geometrie che pur contenendo angoli e cerchi, si lasciano manipolare dai concetti e dalle emozioni.
Ecco perché parliamo di “metamorfosi” delle geometrie: un mutamento di segno che combacia con un mutamento di concetto; da un sostrato geometrico/matematico la mente sconfina, diluisce ed anzi liquefa il substrato di base e si orienta verso un mondo che prende a prestito solo alcuni elementi dal primo e ne modifica poi totalmente la realtà oggettuale. Metamorfosi di un principio basico in altri e tanti mondi visivi, in ulteriori e diverse possibilità visive. Apparentemente la visione sembra la stessa: ci troviamo di fronte a quadrati e cerchi o comunque linee rette o curve; sembra di essere in un mondo geometrico e invece tutti i principi della geometria di base sono stati sovvertiti per far posto soltanto ad una geometria della mente cioè una geometria dettata da emozione. Parliamo di “geometrie mentali”? Geometrie di concetto? Geometrie di sentimento? Forse. Parliamo comunque di Arte e di mezzi espressivi rivoluzionari.
 Casentini e Paller sono espressione di un nuovo “mondo geometrico”, una nuova o semplicemente diversa ipotesi geometrica; una diversa visione della forma.
Due realtà confrontabili nella loro totale diversità; due realtà, due modi di fare arte che si sono incontrati anche su un piano personale di amicizia ed hanno fatto “insieme”, hanno letto l’opera d’arte, si sono confrontati sul territorio dello spazio pittorico ed hanno sviluppato una loro voce, un loro personale segno nato dal confronto, dal dialogo sul campo, dalla interrelazione.
Casentini nasce e vive gran parte della sua esperienza artistica in Italia, ma si trasferisce per lunghi periodi a Los Angeles dove trova un mondo artistico particolarmente vivace e libero. Incontra Paller che a sua volta era stato tante volte in Italia dove aveva assorbito la lezione dei grandi del passato.
Due vite, due mentalità “parallele” e due modi di fare arte che, pur restando ognuno nel suo ambito distintivo, si confrontano e si intersecano sul piano del colore e della forma dando origine ad espressioni di emotività palpitante.
Marco Casentini si muove ed operasullabase della lezione storica del Rinascimento Italiano. La costruzione della scena e del campo pittorico sono ”allineati” alla lezione rinascimentale nel senso del rigore espressivo e formale, della rigidità di rapporti e di volumi. Lo spazio pittorico viene sezionato in campi prospettici . Se si esamina la costruzione della scena nelle opere Rinascimentali di un Fra’ Angelico o di Piero della Francesca o di un Raffaello si avverte che le scene sono connotate da un impianto geometrico assolutamente rigoroso. La scena viene “sezionata” in quadrati e/o rettangoli organizzati sul campo pittorico per adesione o in sovrapposizione. Solo per esemplificare, se si osservano Il Miracolo del Veliero di Frà Angelico (predella delle Storie di san Nicola del polittico di Perugia), La Flagellazione di Piero della Francesca e San Paolo prega agli Ateniesi di Raffaello  si nota un procedimento di suddivisione del campo pittorico per quadrati o per rettangoli che, sovrapponendosi gli uni agli altri, conferiscono i vari piani di profondità della visione cioè la prospettiva. Man mano che le forme geometriche si innestano l’una sull’altra, si forma la profondità dei piani e,per dirla in termini fotografici, la profondità di campo.
Esattamente il medesimo procedimento sembra essere adottato da Casentini nella costruzione della sua “scena” pittorica. In tutte le opere del maestro si riconosce sempre una sovrapposizione di forme geometriche che va a sfumare verso il fondo della scena e le conferisce profondità e prospettiva.
Casentini sembra mutuare dal Rinascimento la costruzione geometrica dello spazio ; nelle sue opere vi è sempre un primo piano che focalizza la visione su di un punto e poi un secondo e un terzo e vari piani che accompagnano la visione e la allontanano fino ad uno “sfondo” lontano e profondo.
L’occhio è attratto da un punto focale che di volta in volta varia di posizione ponendosi in un’area  qualsiasi della composizione, ma che irrimediabilmente attrae lo sguardo; da questo punto focale si irradiano i piani di lettura dell’opera, svariati altri piani tutti costruiti in sovrapposizione gli uni agli altri in modo da rendere “mobile” la scena. Il movimento viene conferito sia dalla succitata sovrapposizione di piani, ma anche e soprattutto dal posizionamento e dalla gestione dei colori nei singoli riquadri in modo che l’occhio sia attratto dai campi di colore o simultaneamente o in rapida successione. Tutto ciò crea il movimento all’interno dell’opera. Il colore piatto, levigato, senza sfumature, senza ombreggiature e senza elemento luminoso, è colore puro. Ed ecco la totale innovazione e il distacco che l’artista effettua dal Rinascimento e dall’impianto puramente geometrico dell’opera. Casentini innesta nelle sue opere il colore come elemento “liberatorio” o concettuale o emotivo del suo fare arte.
Indubbiamente l’esperienza americana e segnatamente Californiana indirizza la mano e la mente dell’artista verso un nuovo rapporto col colore. Il colore diventa massa, spazio dirompente, vitale. Una solarità che deriva tout court da certi paesaggi e dalla luce della California del Sud. Nella sua espressione coloristica Casentini non ha più alcuna connessione con la pittura del Rinascimento italiano: non vi sono più gli “sfumati” e le ombreggiature, ma vi è una solarità che è peculiare della tradizione pittorica californiana.
L’opera di Casentini è una visione prospettica basata sul colore; è una sorta di gioco ottico/prospettico che l’artista ingaggia con lo spettatore così come si gioca a formare un puzzle. Tutti gli elementi devono trovare il posto ad essi assegnato da un progetto preciso di rigore costruttivo/geometrico. Un nuovo “costruttivismo” in cui ogni elemento dello spazio è essenziale all’altro e dialoga con esso. La costruzione dell’opera è tutta cerebrale senza alcuna concessione allo spontaneismo di genere espressionista.
I passaggi di colore e la successione delle forme nello spazio pittorico scaturiscono da un progetto preciso e rigoroso volto a dialogare con la visione ottica relativa alla percezione prospettica e coloristica.  Certo non possiamo non pensare al primo costruttivismo di un Malevich o di un Mondrian, ma in questi la “costruzione” geometrica è prevalente perché E’ in sé la “rivoluzione” , rappresenta in se stessa l’abbattimento, il rifiuto dei canoni pittorico/formali di tradizione: la geometria in questi artisti segna il passaggio dalla figurazione all’astrazione: nasce l’astrazione attraverso e con la geometria. Il colore viene scelto in funzione dell’apparato geometrico e si tratta di colore basico in purezza.
In Casentini la scelta punta fondamentalmente sul colore e si tratta di misture azzardate di colore , mai basico , ma ampiamente “lavorato”
Si tratta di geometria assoggettata e funzionale all’espressione emotiva data dal colore. L’opera è fondamentalmente una relazione di colori basata su uno stato emozionale .
L’arte concreta del primo Novecento con i Reggiani, i Nativi, i Radice è tutta assorbita e superata nel senso di una tale interiorizzazione della stessa da renderne superfluo il canone geometrico di base, la cifra di base. In Casentini tutto viene elaborato ed anzi rielaborato sotto la spinta emozionale data dal colore. Colore come stato emozionale.
La Metamorfosi della geometria si è compiuta attraverso l’idolatria del colore.
Gary Paller
La morfologia delle forme di Gary Paller trova la sua più profonda origine nell’inconscio. A tutta evidenza la morbidezza delle forme geometriche sono riconducibili a situazioni del subconscio nelle sue profondità nascoste. A maggiore evidenza che in Casentini, le geometrie di Paller appaiono decisamente geometrie dell’anima.
Nessun rapporto matematico, nessun rigore scientifico, solo una interrelazione di forme e di colori che si connettono, si ammassano, si distaccano, insomma interagiscono tra loro in un rapporto che dà sempre luogo ad armonia.
L’opera di Gary Paller è “musica” degli occhi.
L’occhio attraversa l’opera da destra a sinistra, dall’alto in basso in una sorta oscillazione che rimanda al movimento della culla . L’opera di Paller culla l’immaginazione più che in un sogno.
Come afferma l’artista, le sue forme partono da una base biomorfa ma poi se ne distaccano potendo in realtà essere forme di corpi , forme da ricercarsi nei meandri della Natura nel più vasto senso del termine.
Il rimando immediato è alla scultura di Moore e all’architettura di Frank Gehry dove la morbidezza delle forme avvolgenti coinvolge lo spirito e l’anima oltre e molto più che l’occhio e i corpi.
In Paller la costruzione dello spazio pittorico avviene per campi di colore con poche sfumature e senza l’elemento della luce. Dalla suddivisione dello spazio pittorico per campi di colore avvolgenti, morbidi e smussati, delle opere più antiche, Paller passa, nei lavori più recenti, ad una vera e propria “dialettica della linea”, esprimendosi attraverso l’introduzione della “linea” che definisce lo spazio.
Il rapporto di base delle sue opere recenti non è più: colore+colore+colore, bensì linea+colore+linea.
Una rivoluzione del suo modo di fare arte e del suo mondo pittorico.
La linea definisce gli spazi e soprattutto determina il passaggio da un colore all’altro. A volte il colore viene ridotto ad un “monocromo” su cui viene apposta la “lineatura” di colore contrastante o meglio una sorta di “intercapedine” tra una massa di colore e l’altra.
L’opera diventa così bicromatica: un colore di base definito, stravolto, e cadenzato da una linea che lo attraversa, lo travolge, gli conferisce movimento.
Ma la grande intuizione di Paller sta nel rapporto esistente all’interno delle masse volumetriche. La sezione che demarca e suddivide i campi di colore, quella che noi chiamiamo “linea” è per meglio dire una “spaziatura” tra un colore e l’altro: orbene la maestria di Paller sta nel bilanciamento del colore all’interno di questa “spaziatura”e nel rapporto che essa ha con i campi di colore che la circondano. Se la proporzione dei campi di colore con lo spazio interconnettivo è errata, tutta l’opera perde l’armonia.
Il bilanciamento tra gli spazi e le cromie all’interno di questi è assolutamente perfetto; la curvatura interna e quella esterna della “intercapedine” ha in sé la perfezione armonica che rende l’opera magistrale.
Inoltre proprio questa spaziatura tra i colori serve a fluidificare il movimento delle masse di colore o se vogliamo dei “corpi”.
 Questi volumi pittorici sembrano fluttuare o danzare nello spazio; appaiono come “macroscopie” di parti di corpi (terreni o non) in movimento di cui Paller ha bloccato pittoricamente l’attimo come in un fotogramma. Possiamo parlare di “masse” in galleggiamento nello spazio (pittorico o reale che sia), a cui Paller ha conferito movimento, ma nel contempo ne ha sintetizzato una frazione, “fotografato” un solo attimo. Pensiamo al movimento di un oggetto nello spazio in assenza di gravità: visto da vicino o in macroscopia non è altro che un campo di colore “fluttuante” nello spazio. Paller ne ha “fotografato” pittoricamente l’attimo in cui la massa si muove, si modifica, interagisce con un altro corpo.
La bellezza della composizione pittorica di Paller sta nel fatto che essa è depurata da qualsiasi altra componente che ostacoli o distragga l’occhio dal movimento della forma. La ricerca di Paller mira alla purezza della forma e al movimento di essa nello spazio determinata dal colore e dal rapporto di forze tra colore e colore o tra colore e linea.
E’ da questo bilanciamento perfetto di volumi e di colore che deriva allo spettatore la sensazione precisa di essere “cullati” nello spazio, di essere trasportati da una sorta di morbide onde verso un mondo onirico o inconscio assimilabile ad un ventre materno di protezione assoluta.
E se vogliamo tornare al tema delle geometrie da cui pur siamo partiti, una volta in più abbiamo la conferma che tutto quel che appare geometrico in Natura non è altro che forma fluttuante nello spazio; che le geometrie non sono solo il risultato di un calcolo matematico, ma sono anche la sintesi dell’immaginazione: pura emozione.