M’Illumino di Suono
di Cynthia Penna
Ho conosciuto Pietro Pirelli 10 anni fa mentre ero in visita a casa di sua madre, la grande artista degli anni ’70, ahimè scomparsa, Marinella Pirelli. Un incontro “strano”, con un personaggio “strano” o, come lo definì Marinella: ”mio figlio che suona le pietre”. Ascoltai anche una “strana” performance in cui effettivamente un suono piuttosto melodioso veniva fuori da una altrettanto anomala percussione di pietre più o meno modellate o scavate o tagliate.
Comunque ne rimasi affascinata… e questa “fascinazione”, perdurata nel tempo, in un tempo di ingiustificati e inspiegabili silenzi tra di noi, si è trasformata in una improvvisa necessità di relazione, di scambio di idee, di discorsi, di sensazioni, di emozioni nel giro di qualche anno. E siamo così arrivati all’oggi, ad un emozionante, entusiasmante e stimolante oggi, in cui si realizza un sogno nascosto, tenuto da entrambi inspiegabilmente confinato in un cassetto della memoria per un troppo lungo tempo.
Art 1307 privilegia da molti anni il discorso sulla luce nell’arte e a dimostrazione di ciò si ricordano le tante mostre in cui si è discusso di luce nelle sue molteplici declinazioni: luce chiaroscurale nella pittura bidimensionale “classica”, luce derivante da light boxes retroilluminati; luce derivante da tubolari di vetro fuso caricati ad argon o mercurio; luce che attraversa superfici più o meno riflettenti o assorbenti.
Infinite tipologie per descrivere un momento estetico e uno stato emozionale dato da un qualcosa che ci accompagna fin dalle origini del pianeta e della vita: la luce appunto.
La ricerca estetica sulla luce crediamo sia primordiale avendo succeduto con una certa immediatezza i primi tentativi di auto descrizione e auto testimonianza della vita umana sul pianeta da parte dei primi abitanti di esso. Subito dopo le pitture parietali delle caverne, già con gli Egizi si intravede una ricerca sulla luce almeno in chiave descrittiva del sole come elemento primordiale della Natura.
Nell’ospitare per la prima volta a Napoli una mostra delle opere di Pietro Pirelli, ART1307 continua il suo viaggio negli elementi estetici di Spazio e Luce quali elementi di ricerca assoluta e primaria nel mondo dell’arte.
In questa esposizione siamo trascinati a sperimentare una situazione artistica che trova il suo incipit in un determinato elemento: il suono e vira poi esteriorizzandosi e completandosi, attraverso la luce, in tutt’altro elemento: la fotografia.
Il suono ha in sé una potenza non solo espressiva che si percepisce ad esempio nell’ascolto di una melodia e quindi una potenza artistica in sé, ma contiene una potenza di energia tale da produrre spostamento di massa. È esattamente quello che Pirelli va sperimentando da molti anni e che vuole introdurci in chiave di percezione sensoriale complessa tra il visuale e l’uditivo.
Pirelli è artista dalle svariate capacità e, pur prediligendo il suono come fonte essenziale e primitiva della sua arte, lo tratta, lo modifica e lo manipola in modo da trarne percezioni ulteriori che immergono lo spettatore non solo in un’atmosfera sonora, ma sensoriale in senso più vasto, più ampio e complesso.
L’intervento della tecnologia ha rafforzato la ricerca in modo da poter accedere ad una metodologia che gli permette di captare il suono, e incanalarne l’energia verso una massa di acqua in modo da provocarne lo spostamento o il movimento; questa vibrazione dell’acqua poi viene colpita da fasci di luce e il movimento dell’acqua, in tal modo “illuminato”, con l’aiuto della tecnologia, viene deviato e proiettato su superfici esterne creando delle vere e proprie ambientazioni di colore, oppure viene bloccato in un unico scatto fotografico che “congela” l’istante irripetibile di quello specifico movimento che rappresenta quel determinato suono, in quel determinato ed unico istante.
Risultato: una performance musicale che oltre che uditiva, diviene visuale ed ambientale per poi essere definitivamente fissata in un fotogramma fotografico.
Pirelli musicista ha inventato un suo strumento: l’IDROFONO. “……Con esso l’energia di un suono captato da un microfono si trasmette ad una superfice d’acqua, generando un lieve e variato moto ondoso. Nel moto dell’acqua, il divenire sonoro è percepito dalla vista. Ma saranno dei fasci di luce che, attraversando le onde, sapranno offrire pienamente la visione del suono. Colpendo le superfici dello spazio i raggi si materializzano in grandi proiezioni in continua evoluzione. Il suono ha modulato l’acqua e l’acqua a sua volta ha rifratto la luce. Il suono si riverbera in forma di luce nello spazio. È un flusso di luce scolpita che viene suonata all’istante. Uno scatto fotografico all’improvviso ne congela il divenire in un istante unico e irripetibile. Con queste immagini Pirelli realizza le sue opere visive, chiamate IDROFANIE” (Pietro Pirelli)
Le “idrofanie” di Pirelli sono vere e proprie “apparizioni di acqua”. E di vera “apparizione “si tratta, di epifania di un ignoto che viene rivelato ai nostri occhi e ai nostri sensi; Pirelli ci conduce letteralmente alla scoperta di un mondo che rimarrebbe altrimenti sconosciuto. Possiamo immaginarlo come un effetto domino, una reazione a catena in cui la nota musicale, un solo elemento sonoro, una volta trasmesso, provoca una serie di accadimenti successivi coinvolgendo altri e molteplici elementi: acqua, luce, tempo, spazio.
È piuttosto un accadimento sensoriale ed estetico a tutto tondo che avviluppa lo spettatore, lo coinvolge emotivamente attraverso suono, luce, movimento, lo paralizza quasi in uno stato ipnotico per poi rilasciarlo con una sensazione di completezza sensoriale assorbente e vivificante.
Relativamente a queste opere parlerei più che di “Atmospherical works” come gli Americani definiscono opere immersive all’interno di un’atmosfera come quelle di James Turrel o di Laddie John Dill, di “Atmospherical Experiences” cioè esperienze di atmosfere che si creano durante la performance sonora dal vivo e poi del ricordo di quelle atmosfere che si rinnova ogni qual volta si osservano le opere che da esse sono tratte, appunto le fotografie. Opere d’arte che si esprimono attraverso una situazione immersiva totalizzante in cui tutti i sensi dello spettatore sono attenzionati e coinvolti. Un atto di contaminazione sensoriale o sovrapposizione sensoriale. Tempo, spazio, luce, suono: molti artisti hanno sperimentato il rapporto tra esecuzione sonora ed esecuzione ad esempio pittorica: da Brian Eno con Mimmo Paladino, a Frank Gehry con Esmeralda Spalding, a Todd Williamson con Greg Walter: tutti coinvolti nella ricerca di quel momento unico ed irripetibile in cui il suono si trasforma in qualcos’altro, forse in un atto meditativo: senz’altro tutti coinvolti nella ricerca di un altrove che è Essenza e Summa della nostra esistenza.
Pietro Pirelli è tante cose: musicista, percussionista, fotografo, performer, ma è soprattutto un poeta che non si esprime con la scrittura ma con le immagini e con il suono. Un misto di invenzione, emozione, immaginazione, versatilità ed elasticità. Non a caso abbiamo scelto nel titolo di parafrasare la poesia di Giuseppe Ungaretti “Mattina” perché ci è parso che un dialogo tra i due artisti potesse emergere dalla medesima tensione verso la scoperta di una visione cosmologica dell’universo come fusione di tutti gli elementi della Natura. Spazio come luogo spaziale, rapporto con la spazialità del luogo e del contesto in cui avviene la performance; Tempo come momento, attimo unico e irripetibile in cui si perfeziona un accadimento sensoriale; Azione come atto performativo ed esecuzione sonora prima e poi come atto del “congelare” quell’accadimento in uno scatto fotografico o in una proiezione visiva.
La poetica del maestro si esprime con lievità, della lievità del suono; una poetica trasmessa con l’anima come tutte le cose che fa. Una poetica fatta di cattura di piccoli particolari, di minime cose, di poco, di quel poco che diventa tanto, che diventa gigantesco se solo ci si ferma a riflettere.
E Pirelli ci fa riflettere sulla forza e sulla potenza esercitata da piccoli particolari: da una minima onda sonora, o da un impercettibile movimento dell’acqua che contengono in sé tutta la potenza della grandezza, del magico, e del grandioso che, reso visibile attraverso la sua arte, riusciamo finalmente a percepire.
L’opera di Pirelli è un luogo o la ricerca di un luogo: la ricerca di uno spazio emozionale da santificare come una icona; il luogo dell’inafferrabile e del magico; quell’inspiegabile ed inafferrabile del mondo, della natura che viene concentrato, reso reale, afferrato e afferrabile, reso umanamente visibile e percettibile dalla sua opera: una oggettualizzazione dell’inafferrabile che si trasforma camaleonticamente da suono a movimento, luce, spazio, a modalità scenica, ad oggetto artistico, ma anche ad emozione pura.
Il senso di misticismo, di trascendenza e un certo atteggiamento di universalismo sensoriale, emozionale ed estetico è il nocciolo della ricerca artistica che il maestro ci regala e vuole condividere con noi.