AFFARI DI FAMIGLIA

 

 

di Cynthia Penna

 

 

Affari pittorici di una famiglia di artisti.

Dialoghi d’arte. Colloqui silenti senza bisogno di parole. Basta soltanto una fugace visione, uno sguardo o forse quella mezza-frase detta a voce bassa o in un discorso a tavola; l’assenso dato con uno sguardo , con la sola espressione del volto.

Questi sono “affari” o relazioni di una famiglia di artisti i cui membri, in un modo o in un altro, hanno dialogato tra loro, hanno “respirato” la stessa aria, hanno “mangiato” lo stesso cibo, hanno “annusato” il medesimo profumo dell’olio sulla tela; forse si sono reciprocamente influenzati e medesimamente respinti, si sono criticati ed hanno litigato, ma l’uno è entrato nell’altro e nell’arte dell’altro irrimediabilmente.

Una famiglia di artisti: tre generazioni a confronto; 3 stili, tre personalità differenti con un ‘unica passione ed un unico scopo nella vita: fare arte.

Per loro respirare e vivere significa dipingere, costantemente , continuamente.

Il capostipite Ed Moses : una vita per l’arte: arte come ossessione più che come ispirazione o come passione. Il suo legato al mondo e non solo al mondo dell’arte è che le passioni, le necessità interiori vanno perseguite, assecondate e condivise, al di sopra di tutto ed innanzi a tutto. Per dirla con Vasco Rossi: una vita spericolata, una vita disordinata, una vita esagerata, di quelle che non si sa mai…. Eppure una vita ordinata solo dai ritmi scanditi dal bisogno di dipingere, dai tempi selezionati dal cervello per dar ordine alle mani e al corpo di eseguire. Un ordine e una disciplina ferree nello sperimentare quotidianamente e produrre continuativamente. Genialità pura di quelle che si ripetono nel mondo solo in rarissimi casi: la capacità di modificare lo stile, la strategia pittorica, la concezione stessa dell’applicare colore o tratto o materia su un campo o su uno spazio, senza mai scadere nel banale, questo è quanto Ed ha praticato in tutta la sua vita fino a due settimane prima di lasciarci, pensando di inventare e dover scoprire ancora qualcosa di altro e di più, insegnandoci a non arrenderci mai neanche alla fine della vita.

La sua opera ha attraversato mezzo secolo e una moltitudine di movimenti pittorici: dall’espressionismo astratto al minimalismo e alla purezza del monocromo assoluto. Nessuno stile era idoneo da solo a soddisfare la sua ossessione del dipingere. Eppure tutto quel che toccava diventava arte come solo ai geni è consentito.

Seguire le orme di un padre tanto geniale e tanto variegato, mutevole, differente a sé stesso, e scegliere per sé lo stesso mestiere di artista poteva essere o un atto di follia o un atto di coraggio.

Per Andy Moses si è trattato del secondo: un atto di coraggio . Nessun figlio avrebbe voluto competere con un genitore di tale spessore, e per giunta ossessionato dal fare arte , dal dipingere. Andy Moses poteva essere schiacciato e distrutto da quella figura paterna.

Eppure Andy ha trovato una sua peculiare strada nel marasma di input che gli arrivavano quotidianamente insieme alla colazione del mattino: pane e arte, pane e genio, pane e ossessione per la pittura.

Andy con caparbietà ha cercato e trovato una sua strada e anziché immergersi in una genialità caotica quanto convulsa, ha optato per una ricerca sistematica e sistemica di colore e forma. La sua riconoscibilità appare quasi una sfida alla totale irriconoscibilità paterna del fare arte.

Ordine, metodica e una ricerca costante hanno fatto di Andy un grande artista del tutto autonomo e distaccato dal genio paterno sia psicologicamente che artisticamente.

La sua capacità coloristica e la gestione del colore, le sue particolari miscele impossibili di pittura, restano suo unico appannaggio.

Una speciale sapienza e capacità gestuale lo conducono ad una gestione del colore che appare quasi miracolosa; la proprietà unica della propria gestualità, la padronanza di mano nella meticolosità quasi maniacale del rapporto tra la sua fisicità e il supporto pittorico che viene anch’esso gestualmente modulato e movimentato   al fine di ottenere con esso e su di esso una vera e propria esplosione di colore.

Non si tratta solo di gestualità nella stesa del colore , ma si tratta piuttosto di incontro di due fisicità, quasi di una danza ingaggiata con lo spazio pittorico al fine di modulare, mischiare, inventare il colore su di esso: non apporlo, ma piuttosto farlo nascere!

Un grande personaggio, un grande carattere Andy: un figlio che non ha avuto nulla da invidiare alla grandezza del padre, che si è fatto, formato e diretto da solo attraverso la ricerca e la sperimentazione piuttosto che attraverso l’improvvisazione geniale.

Poi per caso, in punta di piedi e delicatamente come le si addice per carattere, è arrivata  Kelly in famiglia.

 Kelly Berg, moglie di Andy, anch’ella artista e pittrice per vocazione e per “nascita” direi.

La freschezza, la serenità e l’entusiasmo della gioventù hanno portato un soffio d’aria fresca in casa.  Più caparbia del marito Andy, ha iniziato a disegnare senza sosta, a dipingere quotidianamente, a studiare, ad immergersi completamente nei colori e nelle forme per trovare una sua strada differente che la rispecchiasse e che non fosse di “accompagnamento” per nessuno: marito o suocero. Una strada tutta sua che ne rispecchiasse il carattere pacato, ma forte, gaio , ma profondo. Un primo viaggio a Napoli per la mostra di Andy presso l’associazione ART1307, fu per lei a dir poco folgorante : la scoperta del Vesuvio come vulcano attivo ma silente. La potenzialità distruttiva di una forza della natura che sembra dolcemente addormentata sul golfo di Napoli , ma che all’improvviso si potrebbe rivelare catastrofico senza rimedio.

Da allora ed era il 2011, Kelly iniziò il suo percorso di ricerca pittorica tra le forze della Natura che da meravigliose possono modificarsi in catastrofiche nello spazio di un mattino.

I suoi viaggi alle Hawaii per vedere da vicino l’eruzione del Mahuna Kea a Big Island e l’attrazione fatale per quel fuoco contenuto nelle viscere della terra, pronto ad esplodere , ma al contempo invisibile, interrato, nascosto.

Nella sua arte si alternano elementi diversi, contrastanti ed anche estremi: la forma piramidale, triangolare col vertice rivolto verso l’alto rappresenta montagne e vulcani e nel contempo una presenza che nell’ambito dell’astrazione è pur sempre un elemento conturbante : la rappresentazione scenico- pittorica di un ignoto e di una forza non gestibile.

Le fratture profonde del terreno, le esplosioni di lava, le solfatare che emettono miasmi e fumi : il tutto ammantato di una colorazione che tra il rosso il nero e l’oro drammatizza la scena e focalizza cattura e ipnotizza lo sguardo. Nulla in Natura è delicato e lieve come sembra apparire la stessa personalità della Berg: eterea e delicata all’apparenza, ma molto contorta e intricata in profondità.

Tre generazioni, tre stili, tre personalità forti e decise che  forse si sono reciprocamente influenzate e medesimamente respinte, si sono criticate ed hanno litigato, ma l’uno è entrato nell’altro e nell’arte dell’altro irrimediabilmente.

E soprattutto si sono amati e rispettati molto l’un l’altro.