Oggi parliamo di
Mark Steven Greenfield
Una delle personalità più interessanti nel mondo dell’arte di Los Angeles: Mark Steven Greenfield è un poeta dell’ arte visiva e anche un combattente. Artista, curatore, insegnante e mentore è stato nominato ed ha lavorato come direttore o curatore di molte istituzioni culturali di Los Angeles come il Watts Towers Art Center, la Municipal Art Gallery al Barnsdall Center, il Korean American Museum e come presidente della LA Artists Association / 825 Galleria. Greenfield è stato a Napoli per due volte, ospite di ART1307 in occasione delle mostre Latitude 34/40 e Blackatcha.
Il suo lavoro si occupa dell’esperienza afroamericana ed è focalizzato sugli effetti degli stereotipi sulla cultura americana stimolando dialoghi tanto necessari quanto attesi da tempo sulla questione razziale.
Esploriamo il suo website
Greenfield ha la speciale peculiarità di dire cose molto dure con ilarità e leggerezza.
Apparentemente le sue opere sembrano giocare con lo spettatore come nei cartoni animati e molti dei suoi personaggi sono cartoni animati; ma se li guardi più da vicino, ti sbattono in faccia la violenza degli abusi e la brutalità dei problemi razziali che ancora oggi pervadono alcune società contemporanee. Il razzismo come modo di pensare e comportarsi.
Greenfield non ha mai smesso di denunciare abusi e violenza; il suo lavoro è una dichiarazione contro ogni forma di razzismo o misfatto o intolleranza e discriminazione.
Alcune opere parlano di violenza nella forma sottile di un simpatico cartone animato sorridente circondato da fuochi d’artificio che in realtà non sono nient’altro che bombe esplose nelle guerre.
Intervista a Mark S. Greenfield
In altre opere, i famosi guanti bianchi di Mikey Mouse sono indossati da attori e menestrelli; il menestrello dalla faccia nera era una forma di intrattenimento molto popolare nell’America del XIX secolo, usata principalmente per divertire il parterre di un pubblico esclusivamente bianco; i guanti bianchi divennero emblemi di un sistema razziale espresso anche sui palcoscenici ed erano una rappresentazione altamente razzista degli afroamericani. I “menestrelli” dalle facce nere di Greenfield fanno riflettere sul tema degli stereotipi che le culture dominanti creano nei confronti di altre culture al fine di sottometterle e di esercitare il loro potere su di esse.
La creazione di pregiudizi e preconcetti totalmente falsi nei confronti di un gruppo culturale o di una etnia o di una razza, serve a creare intorno ad essa un senso di sfiducia e mancanza di credibilità in modo da permettere alla cultura dominante di esercitare il proprio potere anche attraverso un paradigma intellettuale che ne giustifichi l’azione.
La sua ultima serie è dedicata allo stereotipo di “Madonna”, come rappresentato nella pittura classica, principalmente europea dei secoli passati.
Senza alcun aspetto di blasfemia, e senza alcun accento religioso, Greenfield riproduce opere raffiguranti la classica “maternità” rappresentata dai grandi artisti del passato, trasfigurandole in “Madonne nere”; descrivendo scene violente nello sfondo del medesimo dipinto, Greenfield vuole denunciare la violenza razziale nella storia dell’umanità. Questi sono atti di denuncia della
violenza subita dai neri; la Madre / Chiesa inerte di fronte ai massacri, il messaggio di pace universale della Chiesa rimasto inascoltato.
Mai come in questo momento della nostra storia comune, la voce di Greenfield deve essere ascoltata.