Parlare di pittura “musicale” o di musica”visiva” sembra alquanto azzardato se non palesemente un nonsenso perché le due forme d’arte non appaiono collegate tanto intimamente tra loro, ma nel caso dei dipinti di Todd Williamson questo collegamento è palpabile ed anzi, direi, “connaturato”.
Molti conoscono l’arte pittorica di Williamson e ne apprezzano le modulazioni di colore e luce, ma pochi sanno che tutto in Williamson parte dalla musica, materia in cui l’artista ha conseguito una laurea presso la Belmont University di Nashville.
Non solo la musica è a lui congeniale, ma di più, è una forma di vita e di espressività pittorica talmente radicata nella sua anima, che le sue opere contengono un lirismo direi decisamente musicale.
La presente esposizione racchiude opere che sono nate dalla collaborazione tra Williamson e il compositore Americano Greg Walter, ma più che di collaborazione possiamo parlare di opere a 4 mani nel senso che ad ogni gruppo di note composte da Walter ha corrisposto una pennellata di Williamson impressa sulla tela e viceversa ad ogni intervento pittorico ha corrisposto una nota o una serie di note musicali che hanno dato vita ad una sinfonia.
Una concezione del tutto inedita nell’ambito della storia della pittura e nella quale possiamo affermare che il musicista ha “dipinto” la tela e il pittore ha “suonato” la melodia.
Nonostante molteplici tentativi siano stati operati nel mondo dell’arte per creare una vera ed intima fusione tra musica e pittura, il presente esperimento di un’opera pittorico/musicale così intimamente connesse si può affermare che non sia mai stato fatto. Da Kandinky a John Cage , da Paladino a Brian Eno musicisti e pittori si sono sempre confrontati con eccellenti esperimenti per creare una esperienza sensoriale particolare nel tentativo di superare quella che apparentemente sembrerebbe una separazione ben netta nell’ambito della percezione sensoriale.
La “musicalità” delle opere di Williamson si avverte prepotentemente fin dal primo approccio: esse sembrano vibrare e la resa di una vibrazione ottico/visiva immediatamente riporta ad una vibrazione musicale. I margini di colore non sono mai netti, rigidamente determinati, ma si muovono, appunto “vibrano” innanzi agli occhi; sebbene lo “spartito” globale in cui è suddiviso l’intero campo pittorico sia tracciato in maniera precisa e netta attraverso una successione di linee o una griglia composta da una maggiore quantità di colore ad olio apposta sulla tela e poi definita dal lavoro di spatola, tutta la composizione si dipana poi in nuances di colore che si confondono tra loro formando ombreggiature e colpi di luce che ,appunto, determinano la vibrazione sensoriale e ottica.
Anzi le opere appaiono piuttosto come spartiti dell’anima, modulazioni di note che si susseguono e si rincorrono sulla tela, nel suo pennello, nella sua mano. Una simbiosi tra pittura e musica.
Williamson ha dato percezione visiva a note musicali del pari ad un artista figurativo che dà vita a personaggi e luoghi attraverso visioni pittoriche. La percezione dunque delle sue opere non è solo quella immediata attraverso gli occhi, ma anche quella uditiva: le note escono dalle sue tele, si fanno visione, si mostrano nel loro aspetto visivo e nel contempo i suoi paesaggi contengono una musica che si dipana e disvela a poco a poco innanzi ai nostri occhi.
Williamson ha composto su tela la rappresentazione visiva di una melodia sonora.
Una pittura che si fa musica e una musica che si fa pittura.
Innanzi alle sue opere siamo “costretti” a vedere e ad udire nel medesimo tempo; i due sensi non vivono disgiunti l’uno dall’altro. L’esperienza sensoriale è complessa e completa.
Il tema delle opere di Williamson rimane una sorta di paesaggio astratto composto da linee orizzontali , fasci di luce e sapienti ombreggiature, ma in questa serie di opere vi è qualcosa di più: è la vibrazione che emerge prepotente dalle linee stesse, dai margini sfocati di colore, dalle modulazioni di colore e luce che rimandano immediatamente ad uno spartito musicale, ad una “melodia visibile”, ad una “sonorità” visiva.
Le sue opere si atteggiano come vere e proprie “frequenze” di suoni, “vibrazioni” di strumenti musicali, e griglie di spartiti . L’opera appare come la registrazione visiva delle onde formate dal suono di uno strumento musicale.
L’artista compone le tele come il compositore “scrive” la sua musica: musica per gli occhi, musica dell’anima.
L’intera opera presente in mostra si suddivide in tre serie che corrispondono a tre “momenti” musicali:
“the Frequency series”, “the Grid series” e “the Light series” ,come afferma Williamson, sono focalizzate su particolari “momenti” musicali quali le armonie, il movimento delle corde e le tonalità musicali.
…. “ i movimenti della melodia musicale (….di Greg Walter), ricchi e profondi, sono bilanciati dalla composizione in sé e dalle tonalità di colore nell’opera pittorica”, che, aggiungerei, risulta così permeata di sonorità .
Parliamo così di “Polifonia” di un’opera pittorica vale a dire di una molteplicità di suoni che vengono visualizzati e resi visibili su una tela attraverso la sapiente calibratura di effetti tonali e compositivi; le cromie che si sovrappongono sul campo pittorico, in uno ad una gestione della luce proveniente dal retro e dal basso,che, come afferma Williamson, risulta più di reminiscenza chiaroscurale che derivante dalla lezione del movimento Californiano Light and Space, si risolvono in un sapiente gioco di alternanze che corrispondono alla resa tonale delle note che si susseguono nella composizione musicale.
Imprescindibile, quindi, dal presente contesto pittorico, la musica si atteggia come una melodia dipinta su tela e conferisce allo spettatore un’esperienza sensoriale completa e complessa.
La linearità orizzontale dei fondi, le quadrature delle “griglie” della composizione pittorica di base vengono ripetute quasi a formare una trama che conferisce ordine alla composizione : ma quest’ordine viene poi scompigliato e scompaginato da un’esplosione di colpi luce che fanno vibrare l’opera come le corde degli strumenti vibrano sotto la mano del musicista.
I contorni sfocati e sfuggenti, la luce che li pervade dal retro, i colpi di luce sferzanti che invadono la composizione danno l’immagine di una sinfonia nell’atto della sua realizzazione.
Il senso di straniamento, di perdita di consapevolezza del qui e adesso che pervade lo spettatore al cospetto della visione diventa il mezzo per “ascoltare” l’opera , per “sentire” la sua musica, la sua melodia e abbandonarsi completamente ad essa.
Los Angeles
Ottobre 2015