L’urgenza è quella di riappropriarci del nostro tempo

 

 

di Chiara Reale

 

 

In un’epoca in cui è possibile raggiungere qualsiasi luogo nel mondo in meno di 36 ore, il concetto di viaggio si sovrappone spesso al concetto di meta. La distanza che intercorre fra casa nostra e la destinazione è considerata tempo perso, qualcosa di “emozionalmente” inesistente. Occorre recuperare la parola “viaggio” nell’accezione sia fisica che metaforica di “percorso”, in quanto strada che non solo porta ad un luogo ma anche alla conoscenza, al miglioramento di se stessi, all’ampliamento della nostra mente. La Stazione Ferroviaria di Zaha Hadid, che sorge come un miraggio nel cuore di Afragola, è un’ode al viaggio. Fra le sue sale bianche dalle linee sinuose, in cui  “frammenti” di cielo sembrano infiltrarsi, si incontrano per caso migliaia di persone ogni giorno. Persone che con ogni probabilità di quel luogo, in quel dato momento, non serberanno alcun ricordo. La mostra che vede insieme, proprio qui, le opere di dieci artisti provenienti da tutto il mondo, che sul concetto di viaggio e di incontro hanno recentemente lavorato grazie al progetto  Traveling Canvas promosso dall’Istituzione Culturale ART1307, è particolarmente importante e soddisfa un’urgenza: quella di riappropriarci del tempo del viaggio per tramutarlo in esperienza. Se anche una sola persona, fra un treno e l’altro, con il bagaglio ancora in mano, alzerà gli occhi sul rosso saturo di Yasunari Nakagomi o sui giochi di colore di Ana Rodriguez, o ancora sulle onde grafiche di Dino Izzo, avremo raggiunto il nostro scopo.

E, probabilmente, anche quello di Zaha.